What tongueless ghost of sin crept through my curtains

Quando ho letto che Gas Panic fa parte della scaletta del Why Me, Why Not Tour di Liam mi sono detto “ci sarò”. Non so se ci sarò davvero, ma vorrei tanto, anche perché sono stato a Barolo a Luglio e lì ho trovato un Gallagher che si avvicina molto ai fasti degli anni 90, quando la sua voce era literally untouchable, come raccontano i suoi compaesani che scrivono di rock.

La tracklist del tour di Liam Gallagher: metà delle canzoni sono
scritte e firmate da suo fratello…

William John Paul Gallagher, Liam o ancor meglio Our Kid all’anagrafe del rock’n’roll , è quindi in tour per il suo secondo album solista. Sarà in Italia a Febbraio, Roma e Milano. Chi non lo ha seguito in questi anni non deve preoccuparsi troppo: metà delle canzoni pescano ancora dal repertorio Oasis, quindi sono state scritte – testo, musiche e arrangiamenti – dal fratello Noel, reo di aver fatto saltare la band dieci anni fa, non sopportando più, a suo dire, un conflitto fraterno mai sopito. I due hanno poi preso strade diverse, continuano a insultarsi sui social e pare che non si frequentino più. E i poveri fan – come me – hanno quasi smesso di cercare “oasis reunion” su Google.

La scaletta del tour di Liam è a mio avviso un chiaro segnale: lui, nonostante si sia mantenuto fedele al britpop, alle sonorità dei Nineties che hanno fatto la fortuna degli Oasis, non è riuscito, in due lustri, a rifarsi una carriera solista, smarcandosi da Wonderwall&C.

E’ rimasto lì attaccato alla tetta del fratello e ha continuato ha riproporre sè stesso (e questo è un bene).

E menomale, direte voi. Già. Menomale. Eppure di tempo ne ha avuto per espellere qualche capolavoro, dieci anni non sono pochi, quasi quattromila giorni, un tempo infinito se pensiamo che per tirar fuori i due album cardine della discografia degli Oasis – e di tutto il movimento britpop – furono sufficienti 14 mesi, questo il lasso di tempo che divide Definitely Maybe, agosto 1994, da What’s The Story Morning Glory, uscito nell’ottobre del 1995. Sì, certo: dopo quei due album gli Oasis – anche dopo la rottura – hanno tirato fuori dei buoni, buonissimi e talvolta ottimi pezzi, ma mai un album intero che facesse urlare, né più né meno, WOW.

E nel frattempo, oltre al disastro dei Beady Eye e ad una faticosa rinascita del più figo dei due Gallagher, cos’è successo al rock’n’roll e soprattutto al brit-pop? Guardando alcune evoluzioni artistiche, se mettiamo insieme Noel – il punto di riferimento del movimento – i Blur (WTF?) e i Coldplay, il tutto sembra essersi sciolto in un filone pop-dance.

Un po’ triste, in effetti.
Non posso dirmi esperto del panorama mondiali e nemmeno europeo, parlo da ascoltatore medio, da pendolare che vive di Virgin Radio in auto e ogni tanto va a curiosare per vedere se per caso è uscita un’altra Champagne Supernova. Ehm, no, non è uscita.

Ho trovato però, qua e là, delle tracce di brit-pop, inteso non come impronta culturale ma solo come sound, sconfinando anche nelle stelle e strisce, in qualche frammento di discografie di alcune band e performer, alcuni hanno radici nel territorio degli Oasis, altri hanno storie più recenti (ehy, non sto dicendo che fanno brit-pop, ma avverto sentendoli qualche nota e un approccio che ci si avvicina):

  • I Muse, attivi dal 1992, nati prima degli Oasis, hanno portato avanti il loro rock alternativo, con un po’ di elettronica sparsa qua e là.
  • I Foo Fighters, band del 1994, non sono cambiati molto dai tempi di Time Like This, si sono ritagliati un loro spazio, hanno anche ammiccato agli Oasis di recente, auspicandone una reunion (ma poi hanno sfanculato Noel, in pieno stile rock’n’roll)
  • I Coldplay, nati nel 1997: sono partiti bene, benissimo, guardandola con gli occhi del brit-pop. Poi hanno tolto il brit e soprattutto hanno tolto il rock aggiungendo il dance e i fiorellini. Dal mio punto di vista, peccato, poteva essere amore.
  • Gli Arctic Monkeys, e qui entriamo nel nuovo millennio. Fanno musica dal 2002, erano stati benedetti da Noel, che di recente li ha mollati, dichiarando che “del nuovo album degli Arctic Monkeys non me ne faccio nulla” . Anche per loro, peccato.
  • I Greta Van Fleet , e qui siamo nell’ultima decade di rock: andiamo sul pesante, tutti i cronisti musicali li adorano. Vedremo. Dalla loro hanno il fatto che i fondatori sono fratelli come i Gallagher, ma sono in tre, e “non vogliono fare la fine degli Oasis”. Non glielo auguriamo, e speriamo tirino fuori qualche album WOW, perché saranno anche bravi ma qui in Europa al momento non hanno sfondato del tutto. Stanno arrivando, dicono. Li aspettiamo, dico io.
  • Yungblud, la new entry, primi vagiti nel 2017, e molti si chiederanno ma chi è? A prima vista l’Achille Lauro britannico. Alcuni pezzi notevoli. Il personaggio è rock ma sembra atteggiarsi troppo. Insomma, a Liam bastava curvarsi sul microfono, mettere le mani dietro la schiena e cominciare a cantare, magari con la Union Jack sulle spalle. Yungblud non è Liam Gallagher e non lo diventerà, ma almeno da l’idea che qualcosa nella terra d’Albione stia ribollendo.

Ecco, dunque. Ce ne saranno mille altri e confido in alcuni lettori più esperti di me per avere buone dritte, quando cerco qualcosa che mi ricordi gli Oasis e non lo trovo.

Perchè qui, in fin dei conti, non c’è nulla che mi faccia gridare al miracolo. Voglio dire, i Gallagher erano rock anche lontani dal palco, li conoscevano tutti, anche coloro che non distinguerebbero una chitarra elettrica da una acustica. Liam e Noel Gallagher in quei 14 mesi hanno scritto una stele di rosetta nella terra dura del rock’n’roll , e poi hanno vissuto (quasi) di rendita per 15 anni, e pure nei successivi dieci di separatismo, Perché erano, e sono ancora, dei fottuti personaggi, partiti dalla periferia di Manchester e arrivati a vendere mezzo milione di biglietti a Knebworth, con una richiesta cinque volte superiore. Nessun altro come loro, dopo di loro, al momento.

Qui in Italia, sia chiaro, siamo fortunati ad avere Vasco, a cui ormai basta incidere un rutto per chiamare a raccolta il suo popolo, ma in Gran Bretagna stanno ancora aspettando gli eredi degli Oasis. Ma a mio avviso solo gli Oasis possono essere quella cosa lì, e diventare eredi di loro stessi. E in questa direzione, anche se ogni giorno escono dichiarazioni che sembrano smontare l’idea, il messaggio lanciato da Liam è chiaro. In questi giorni di tour, proprio nelle date britanniche, canta Acquiesce, la loro canzone, simbolo del rapporto fraterno, e spedisce sullo schermo gigante alle sue spalle le parole Because We Need each other.

Oh, sì Liam, hai ragione. Avete bisogno l’uno dell’altro e il rock ha ancora bisogno di voi.  Eccolo, il fantasma senza lingua che si insinua tra le tende, quel fantasma cantato in Gas Panic. Oggi non è più la droga, è la paura di non poter più sentire un certo tipo di musica. Oggi ci accontentiamo, parlo di noi over 30, ci facciamo andar bene canzoni e artisti che non hanno il calibro, la presenza, la costanza e la qualità dei nostri idoli passati.

Ma non è forse quello che dicono i nostri genitori, cresciuti con i Beatles, i Led Zeppelin e i Pink Floyd? Ogni epoca musica ha i suoi miti, ma certi proprio non riusciamo a farceli andar giù…ci vanno di traverso, e ci aggrappiamo alle chitarre, ai bassi e alle batterie con cui siamo cresciuti. Alcuni la chiamano nostalgia, ma faccio fatica a pensare che tra vent’anni qualcuno avrà questa stessa nostalgia e rimpiangerà i tempi di quello di Occidentali’s Karma (ho dovuto cercare su Google per ricordarmi il cognome), di Rovazzi e di Young Signorino.

Faccio proprio fatica. E ora, per tirarmi un po’ su, vado a risentirmi Champagne Supernova.

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