Qualche giorno fa su Virgin Radio, la frequenza che mi risveglia del tutto, in macchina durante il tragitto casa lavoro, si parlava di serie tv, quelle che nel tubo catodico si chiamavano sit com , telenovela o telefilm a seconda dei casi e del target. Tra le serie anni ’80, Happy Days è stata citata come quella più rivoluzionaria, e che più di ogni altra è entrata nella testa delle persone, in particolare grazie al suo personaggio clou – oggi diremmo TOP, in italiano principale o protagonista – ovvero Arthur Herbert Fonzarelli, Fonzie per tutti.
Fonzie è Fonzie, anche se ormai, nell’odierno caleidoscopio social, è una figura annacquata che si è forse perduta dietro le icone moderne. Ma chi ha almeno trent’anni quando sente Fonzie lo visualizza bene nei gesti e nei modi, con la sua giacca di pelle, i suoi capelli patinati, i pollici all’insù e alla sua ritrosia nel chiedere scusa, una caratteristica comune alla maggioranza degli abitanti del pianeta. Era, ed è, un personaggio positivo, in grado di risolvere tutte le situazioni con un hey, e di assolvere il compito di intrattenere quella generazione di teen che ha attraversato gli anni in cui la televisione diventò fenomeno di massa, con le dirette e le repliche attorno alle quali molti di noi costruivano la propria giornata.
Io per esempio studiavo dopo Holly e Benji, prima non ce la facevo, ero troppo in ansia per sapere cosa sarebbe successo in quell’episodio, oltre al collina della metacampo, in una serie in cui le partite duravano tre settimane ma non stancavano mai.
Tutto ciò è durato fino alla morte del vecchio millennio. C’è una data precisa in cui la tv ha intravisto il proprio decesso, nella versione in cui l’abbiamo conosciuta. Oggi resiste come schermo, per farci vedere gli streaming, giocare e condividere musica e video, ma non è più quella televisione fatta di sei canali più Telemontecarlo e le tv locali. Il funerale di quella televisione, localmente parlando quindi in Italia, fu trasmesso il 22 Marzo 2005, proprio dentro la tv stessa, potremmo dire un suicidio inconsapevole. Rai Due infatti, quella sera di inizio primavera, manda in onda il primo episodio di Lost, anticipato da alcuni misteriosi trailer comparsi nei giorni precedenti.
E’ uno di quei momenti in cui ricordo senza sbavature cosa pensai.
Cosa cazzo stiamo guardando? (parentesi: nel parlato dico fin troppe parolacce, nello scritto cercherò un contegno, ma il problema è che a volte, a caldo, quando l’articolo esce fuori dalle dita senza doverlo prima pensare, il volgare esce così naturale, ed è proprio quel che ci vuole!)
Era qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che ci aveva preceduto.
Ci siamo sentiti, io e tutti quelli che stavano guardando, teletrasportati su quell’isola, sopravvissuti anche noi per miracolo a quell’incidente aereo, spaventati dai rumori e dal fumo nero. Era cambiato per sempre il modo di fare tv, e Lost, ben presto, non sarebbe più stato un prodotto unicamente televisivo: diventò parte delle nostre vite, e una questione di primaria importanza riuscire a vedere le puntante in anteprima, andandole a trovare dove ancora si poteva e dove ancora si può, ma un tempo era necessario, ovvero l’unico modo, oggi è facoltativo: su internet, of course (stessa cosa delle parolacce: gli inglesismi daranno anche fastidio a qualcuno, ma certe volte sono lì che bussano e lo scrittore non trova risposta alla domanda perchè non farli entrare?). E in inglese si guardavano quelle puntate, in anticipo sul palinsesto nostrano, coi sottotitoli, quella che oggi è una consuetudine, nacque in quei giorni, grazie a gruppi di Nerd come Subspedia, che diventarono amici virtuali, fedeli compagni di un viaggio durato 6 stagioni e 5 anni.
Durante la messa in onda di Lost, la televisione stessa, quella del secolo prima, comprese di aver perso per sempre la presa sul target di quel tipo di serie tv: le persone le cercavano altrove, senza aspettare l’agenda setting dello spettacolo in chiaro, perché il bisogno ormai era stato creato e la pallina sul piano inclinato non si poteva più fermare: arrivarono i primi esperimenti di streaming, Sky faceva il pieno di serie cult, Neflix dopo 20 anni di passivo, grazie alle tecnologie e alla fibra ottica, capì che era arrivato il momento di superare il break even degli investimenti, cominciando a guadagnare qualcosa. Il tubo catodico cercò invano di recuperare, nascevano così le digitali on demand dei canali mainstream, ray play, infinity, ma era troppo tardi, il target aveva traslocato in massa altrove, dove la narrazione era ed è immediata (stasera su X esce L’INTERA STAGIONE di Y). Il binge-watching è il nuovo trend topic, creato ad arte dagli sceneggiatori, che ridacchiano scrivendo le ultime battute degli episodi, che sui titoli di coda fanno urlare sottovoce, sul divano, a mezzanotte, “dai, ancora una”…
Sappiatelo, anche se non l’avete mai vista e ve ne hanno parlato male, la prossima volta che fare le due di notte per finire una stagione: è tutta colpa di Lost!
Credit Immagine: Hall of Series
E bravo Massi come direbbe il nonno io ti preferesco Massimiliano e comunque bravo ti seguirò
Monitor da 19 pollici, pc fisso e divano da spostare per poterlo vedere…. <3