Non esistono in Italia bambini e ragazzi under 14 che abbiano sostenuto l’esame di quinta elementare, abolito per decreto nel 2004. Gli ultimi a essere passati al livello successivo dalla porta principale sono ormai dei mezzi adulti. In pratica tutti i futuri lavoratori, imprenditori, decision maker, e con loro gli esponenti della prossima classe politica italiana, entreranno nel mondo degli adulti senza aver superato quel piccolo grande scoglio. Aggiungiamoci che anche le bocciature sono un vecchio ricordo, e abbiamo di fronte a noi una schiera di bambini scolarizzati come prodotti da mandare al macello delle medie, dove a fare la differenza saranno il talento e la predisposizione naturale piuttosto che una preparazione scandita da obiettivi.
Sono due visioni del mondo, io tifo per la prima, quella che alla fine del primo ciclo scolastico ti mette davanti ad una fila di maestri e maestre pronti a interrogarti per capire se sei pronto a passare dall’altra parte del guado, alle medie, che quando sentiva questa parola sognavi di andare “con i grandi” e ti veniva la pelle d’oca. Vero fino ad un certo punto, perché io me la ricordo la mia prima media: fu una mattanza, con oltre un terzo di bocciati che evidentemente tanto pronti a passare dall’altra parte del guado non lo erano affatto.
Eppure, da genitore, avverto la mancanza, in questa scuola primaria, non più elementare, di obiettivi, di certezze, di pianificazione. Vedendola dal lato comunicativo, che è il mio lato preferito, è una sconfitta in partenza: dateci i vostri bambini, ve li terremo cinque anni, l’importante è che frequentino per un numero sufficiente di giorni (sì, l’unica bocciatura rimasta in piedi è quella dovuta al superamento di un tot di assenze) e noi ve li restituiremo quasi adolescenti, e poco importa se non sapranno pronunciare mezza frase di inglese o inciamperanno nelle tabelline, da quella del 6 in su. Se fossi un bambino, diciamo un bambino consapevole, maturo, futuristico, mi sentirei preso in giro: ma come, tutta sta fatica, tutti questi anni a studiare, e poi arrivederci e grazie? A cosa mi serve la licenza elementare se alla fine del sentiero non mi chiedete cosa ho imparato, e non verificate se di fronte ad un’esame riesco a tenere botta senza schiantarmi o entrare in panico?
Perché in fondo, oltre alle nozioni, alle città dei Sumeri, alla proprietà commutativa, all’effetto serra e alle capitali europee, l’esame di quinta serviva a farci stringere il culetto, prendere strizza, a sudare un po’, a farci capire che ogni tanto nella vita arriva quel momento in cui devi dare tutto, in cui devi impegnarti DAVVERO, in cui qualcuno presenta il conto e se non la sai…sono guai. E’ un modo di comunicare anche questo, senza dubbio: l’esame di quinta elementare era lì a dirci occhio bambini, la scuola non è un gioco e non è un parcheggio. E’ il luogo dove diventerete piccoli adulti, dove imparerete tutto quello che vi potrà essere utile per vivere con dignità, ma solo se metterete a frutto gli insegnamenti, i brutti voti, le sconfitte, e magari una sana bocciatura, quando è il caso.
Era questo che ci diceva l’esame di quinta: preparatevi alla vita là fuori. E io lo rimetterei, questo benedetto esame. Non faccio statistica, non decido io (ah, già, sarebbe bello essere capi del mondo) ma avevo voglia di dirlo.
W la scuola, W gli esami!
Post Scriptum (che bello scriverlo per esteso): l’esame di quinta non ha resistito alle smagliature del tempo, mentre con mia grande gioia ho scoperto che Pierino è ancora protagonista delle barzellette che girano tra i banchi, e questa, almeno, è una consolazione 😉
Crediti Immagine: Dagospia