Quel poco che so sui cani l’ho imparato avendoci a che fare, fin da bambino, e poi grazie a Ti presento il cane, che consultai per la prima volta quando mi misi in testa di prendere un Rodhesian Ridgeback, e proprio leggendo l’articolo su questa meravigliosa razza cambiai idea. Cercavo una randagetta che poi è arrivata, in effetti, e non un cane allevato per cacciare i leoni. Da quella lettura, quel blog è diventato il mio punto di riferimento canino, e anche un modo per apprendere come i cani comunicano con il mondo esterno e con il loro padrone. E, devo dire, ho scoperto curiosità interessanti e che mi sono servite nel rapporto con la randagetta di cui sopra, e per insegnare alle mie figlie a gestire il dialogo uomo-animale.
Mi è rimasto impresso un fatto, tra tutti: i cani vivono con sofferenza il momento del distacco dal padrone o da persone care. Niente di nuovo, ma sentite qua: ogni santa volta che ci allontaniamo da loro percepiscono l’assenza come definitiva. Insomma, pensano che non ci rivedranno mai più. Letteralmente. Quando diciamo ciao, per loro è addio per sempre. Ecco perché quando li ritroviamo (se non siamo padroni stronzi) ci fanno le feste come se li rivedessimo dopo anni, anche se sono passati trenta secondi. Non hanno la percezione umana del “rientro a casa”: dopo tanto tempo e tanti “rientri a casa” ci fanno l’abitudine e in qualche modo si rassegnano, continuando a soffrire, gradualmente, sempre meno. Ma il terrore dell’abbandono non li… abbandona mai del tutto.
Quando l’autrice del blog Ti presento il cane è scomparsa – scrivo queste righe anche in sua memoria, pur avendola conosciuta solo via email – ho riflettuto su quanto avevo letto, scritto proprio da lei, ho pensato ai suoi cani, che non l’avrebbero più rivista, sperimentando allora, realmente, il vero distacco, quello a cui solo la Morte può condannarci (oppure un padrone stronzo).
E nei ricami della vita che a volte ripete sé stessa, e sembra volerci ricordare quel che sappiamo, per essere sicuri di non scordarlo, quel comportamento dei cani appena descritto l’ho ritrovato in questi giorni sul libro di scuola di mia figlia.

Unendo insieme tutti i pezzi che mi hanno portato a scrivere qualcosa sul migliore amico dell’uomo (accidenti, non volevo usarla questa metafora scontata, ma non volevo ripetere ancora “cane”!) posso dire di essere felice di aver regalato un cane (e ancora…) quattro zampe alla mia famiglia, credo sia utile per capire come rapportarsi con “l’altro”, con esseri viventi di qualsiasi genere e specie, molto diversi da noi.
E per non averne timore.
Crediti Immagine: Ladigetto