Outlaw for life

[SPOILER ALERT]

Un anno fa ho cominciato la mia avventura nella banda di Van der Linde, alla fine dell’800. nel corpo di Arthur Morgan, il personaggio più enigmatico e filosofo, quello che “ok siamo fuori legge ma se non ammazziamo tutti forse è meglio”. Quello che capisce per primo che la festa è finita, che la Legge avrà la meglio e il Far West presto sarà soltanto West, quell’America a stelle e strisce che confina con entrambi gli oceani.

Our time are pretty much passed.

Al comando della banda c’è invece, nel suo preciso controcanto, il visionario Dutch, che ha sempre un piano, tira dritto per la sua strada e vuole fare un mucchio di soldi per spenderseli a Tahiti tra alcool e mignotte. E’ cattivo, burbero e non ha alcuno scrupolo, ma proprio nessuno.

Siamo nel mondo di Red Dead Redemption 2, l’ultimo nato in casa Rockstar, l’azienda che non sbaglia un colpo, che crea modelli a cui gli altri si affiliano, prodotti ludici che diventano vacche da mungere, non solo da scaffale ma soprattutto online. Eppure dietro al guadagno, oltre gli shop e le microtransazioni che fanno arricchire mamma Rockstar, c’è la Storia, quella che forse giocano ormai in pochi ma che in RDR2 ha regalato la Bellezza di un lunghissimo film, con momenti di naturale e spontanea commozione.

Arthur Morgan è stato il mio avatar virtuale per parecchi mesi, ho lottato con lui, ho pianto con lui, mi sono divertito con lui, ho cavalcato (caspita se ho cavalcato!) con lui. E mi manca. Mi manca un videogioco, vien da ridere a pensarlo, ma diamine, è un videogioco adulto, maturo, un’esperienza visiva che non ha eguali. La Rockstar Games è davvero la stella rock dei videogiochi, spaccano di brutto, curano i dettagli da veri maniaci e con il secondo capitolo della redenzione rossa hanno fatto davvero un regalo agli over 30. Sì, perché RDR2 non è un giochino per teenager, quelli sono ancora ad ammazzarsi su GTA5. La storia della banda di Van der Linde, il prequel del primo episodio uscito nel 2011, è una sceneggiatura a cui hanno lavorato migliaia di persone. E’ come entrare in un film di Sergio Leone, o di Tarantino versione West, in groppa al nostro cavallo, e cominciare a vivere da cowboy, anzi da fuorilegge. Open world totale e totalizzante, lento, a volte lentissimo, viene voglia di rallentarlo, di godersi l’alba e il tramonto, di esplorare ogni centimetro di mappa perché ogni centimetro merita e può riservare sorprese.

Chi ha avuto la fortuna di essere Arthur Morgan sa di cosa parlo. Non era mai esistito un gioco così e forse non esisterà ancora per molto.

Ho pescato, cacciato, rapinato, salvato persone, mi sono ammalato, ho ucciso, ballato, sono andato a teatro, giocato a poker, a domino, mi sono innamorato di Sadie Adler senza mai dirglielo, mi sono ubriacato, ho dormito di giorno e ho cavalcato di notte, sono stato lasciato da quella che poteva essere mia moglie e infine ho indossato i panni di John Marston, con lui mi sono preso la mia vendetta, sono andato a visitare le tombe dei miei amici, ho ammazzatto quel bastardo di Micah, ho costruito una casa per la mia famiglia, un ranch, insomma ho vissuto in questo mondo pad in mano e cuffie in testa, e ne ho tratto tangibile soddisfazione.

E in tutta questa ridda, resiste il ricordo del momento in cui sono crollato, il momento in cui io ero Arthur e Arthur era me, l’ultima galoppata sulle note strazianti di That’s the way it is, in cui si intersecano frasi e pensieri del pezzo di vita appena trascorso.

Ascoltatela, anche se non sapete di cosa sto parlando.

Il video dell’ultima cavalcata di Arthur, nella versione con onore alto

Un viaggio dentro un lungo tramonto.

Try, try to do the good thing.
Sì, ci sto provando Arthur, ogni giorno, anche nella vita vera, a fare la cosa giusta. Ad esempio mi sono messo a scrivere 😉

Crediti Immagine: Rockstar Games

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