Fado Portoghese

Nel 1483 Cristoforo Colombo cercò di farsi finanziare la “via breve per le Indie” da re Giovanni II di Portogallo. La storia ci insegna che ricevette un rifiuto, e la rotta dell’esploratore genovese, che sarà quella delle Americhe, porterà i vessilli della Castiglia. Per le Indie invece, la via mare, quella reale e nei fatti l’unica possibile, sarà aperta da Vasco da Gama pochi anni dopo.

Quel “no” del re Giovanni, non convinto dalle istanze di Colombo, è uno dei tanti, indefiniti crocevia che conduce alla storia contemporanea. I portoghesi, infatti, continuarono a piantare le loro bandiere lungo le coste africane e asiatiche, da Ceuta fino alle Molucche, e a forza di allargare il cerchio delle loro peregrinazioni australi, in gergo navigando in volta do mar, finirono per toccare le coste dell’odierno Brasile, il vero pozzo senza fondo dell’impero portoghese, il territorio che conferì ettari e ricchezze (pensiamo al caffè) alla corona lusitana. Se l’America centrale è marcatamente ispanica, mentre il Paese verde-oro è legato alla lingua e alle tradizioni portoghesi, il motivo è da cercarsi nella decisione del re Giovanni, che si sentì più sicuro nel seguire i consigli dei suoi esperti, confidando in una rotta più vicina a terra e già in parte tracciata, piuttosto che lanciarsi nell’oceano alla ricerca di una via impensabile, in un vecchio mondo che era, ancora per poco, teoricamente terrapiattista: la sfericità della terra era nota, ma la prova tangibile e inconfutabile arriverà solo in seguito, grazie alla prima circumnavigazione del nostro pianeta, condotta da Fernão de Magalhães. Un altro portoghese, guarda un po’.

Questi viaggi pioneristici, alla ricerca di nuove terre, nuovi mercati, nuove materie prime, definirono un’epoca e delinearono i confini dell’Impero Portoghese, tra i più vasti d’oltremare e tecnicamente il più longevo della storia: l’ultimo possedimento, Macao, è stato consegnato alla Cina nel 1999. Nello scorso millennio, ma di poco.

Quella che è stata, dunque, una dominazione che ha traguardato i secoli e gli emisferi la studiamo oggi sui libri di storia, eppure il Portogallo di oggi pare soffrire non poco la sua estremità continentale. Come tutti i luoghi ai confini del mare, gli avamposti che in passato hanno tradotto la loro condizione in una virtù, la Nazione di CR7 resta ai margini dei pensieri e della politica, in particolare in questa UE così centralizzante, così germanica. Pensateci: se diciamo penisola iberica, visualizziamo la Spagna. Se chiediamo ad un bambino di elencare le prime capitali che gli vengono in mente, difficilmente in quell’elenco ci sarà Lisbona. E così via, fino alla lingua: i turisti in Portogallo parlano tutte le lingue, magari abbarbicandosi un po’, tranne che il portoghese, e si viaggia tra negozi e hotel con l’egocentrica convinzione che “capiranno pure lo spagnolo, no?”. Come se in Italia parlassimo tutti francese.

Descritto così ci appare un po’ sfigato, questo Portogallo, e invece.
Invece.
Invece è un posto sbalorditivo.

Nella sua Capitale (Lisbona, già, e non Porto come molti pensano) ci si muove con tram che sfidano dislivelli del 15-20%, li senti sferragliare, li vedi così vecchiotti, con quell’odore di legno antico, eppure vanno a meraviglia, sono puntuali, sono tanti e tutti quelli che salgono a bordo bippano il biglietto o l’abbonamento. Chissà com’è arrivata nei nostri cervelli la diceria dei portoghesi che non pagano, forse per contrappasso o per dispetto. A Lisbona c’è anche uno dei due ponti della città, il 25 Abril, che si può visitare: ha l’età dell’ex Morandi di Genova, è in cemento e acciaio, non ha una bava di ruggine e sotto ci giocano a tennis. Chi scrive ha vissuto quasi sulla testa la tragedia del 14 agosto 2018, e sì, ho guardato con molta invidia quel ponte così bello, così rosso, così stabile, così ancora in piedi.

Poi, dopo la Capitale, vediamo cosa dice la costa, il sud, l’Algarve.
Il litorale più bello dell’Europa occidentale. La temperatura perfetta. Le persone cordiali, amichevoli, pacifiche.

E’ una visione soggettiva, sì, è parziale, sì. Ma andateci, e poi ne riparliamo :-).

Sono tornato da poco, sì sarà capito, da un viaggio in Portogallo e ho voluto dedicare ai portoghesi e alla loro terra il primo post del 2020.
Ho visto la prima alba di quest’anno neonato, da loro, a Lagos.

Ho portato con me questa forza comunicativa di un luogo tranquillo, sereno, che ha dimenticato con onestà intellettuale di esser stato un Impero tra i più importanti al mondo – non ho visto alcuna enfatizzazione nei monumenti, solo una narrazione pulita e decorosa – e i cui abitanti hanno accettato di starsene laggiù, ai confini dell’Europa, parlando una lingua che in Europa capiscono solo loro e che nessuno si affanna ad imparare.

Non ho visitato il Fado, non ho ascoltato la tipica musica malinconica portoghese, ma la saudade mi è venuta lo stesso.

E’ bastata qualche alba e qualche tramonto.

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