Nella mia testa, questo era un post da dedicare a #Zalone – hashtag del momento insieme a Tyson Bergoglio e purtroppo alle questioni estere – e al suo nuovo film campione d’incassi.
Invece non ne parlerò: non l’ho visto. Il tema però ce l’ho chiaro, è la longevità del comico. Perché ricordiamo a memoria interi film e di altri a stento riusciamo a ricostruire la trama? Perché certe barzellette ci rimangono impresse come le poesie che studiavano i nonni, mentre altre sfuggono nel dimenticatoio? Perché ognuno di noi ha un set di battute o modi di dire più consueti, e altri totalmente sconosciuti?
Per provare a rispondere devo prima parlare di un film uscito 36 anni fa ma che piazza ancora uno share invidiabile in prima serata.
Il ragazzo di campagna. Sono sicuro che tutti i lettori di questo blog sanno benissimo di che film si tratti, quindi non perderò tempo a descriverlo. Ebbene, questo pezzo di storia del cinema italiano è andato in onda il 2 Gennaio su Rete 4 e ha fatto il 6,2%: un milione e mezzo di persone lo hanno rivisto per l’ennesima volta, pur ricordandoselo a memoria, pur sapendo esattamente cosa succederà, quando e come.
La scena memorabile è quella del monolocale, quel Taaac diventato d’uso comune in molte conversazioni. Un marchio di fabbrica di Renato Pozzetto, uno dei fenomeni della comicità italiana, uno dei Campioni, se non di incassi, di ars comica.
Sulle spalle di quei giganti, i Pozzetto, i Villaggio, i Banfi, e tutti loro a loro volta sulle spalle del principe Totò, oggi vivono di rendita i comici contemporanei.
Storpiano le parole, ironizzano sui luoghi comuni, canticchiano motivetti simpatici.
Tutto già visto, solo adattato ai nostri tempi. Una volta le vessazioni in ufficio dei tanti fantozzi che popolavano le aziende italiche, oggi l’immigrato. Et voilà.
E’ una colpa accomodarsi sulle spalle dei giganti? Da Newton in poi, è un sistema sempre valido per raccogliere i frutti seminati da altri. Certo che no, non è una colpa. Uno come Zalone ha indubbi meriti e grandi capacità: faceva ridere con le sue gag in tv, ma dimostrando di saper suonare e cantare, questo il suo vero differenziale rispetto alla massa. Della banda di Zelig, così in alto è arrivato solo lui, perché ha allargato i confini della battuta mostrando un talento più sfaccettato di altri. Dicono che con Tolo Tolo sia uscito fuori dalle sue macchiette realizzando un film completo, con note di dramma e di cinema oltre al cabaret. Prima lo dicevano quelli di destra, poi qualcuno gli ha sussurrato che il film percula tanti luoghi comuni del salvinismo, e quindi il film è diventato un capolavoro per quelli di sinistra. Par condicio.
Dunque, bravo Zalone, applausi a scena aperta e palla al centro.
Eppure, domanda a bruciapelo: sapreste ricordare a memoria la scena di un suo film? Io no. Qualcuno di voi certamente sì, ma sono convinto che una buona maggioranza non ricorda nemmeno come finiscono i suoi film. Io li ho visti tutti a parte Tolo Tolo, ma ho dei ricordi vaghi. Qualche frammento. Rivedendo Il ragazzo di campagna, invece, anticipo sempre le battute. Alcune di esse fanno parte del mio parlare quotidiano, come quelle di altri film, e sono passati oltre trent’anni dalla loro prima visione, mica giorni, settimane o mesi: tre decenni.
Ho il forte dubbio che la comicità contemporanea, come molte altre arti e aspetti della vita in quest’alba del 2020, sia sfuggevole ed effimera. Una battuta e via, avanti un altro. Una canzone e via, verso il prossimo singolo. Una notizia e via, passiamo al prossimo caso nell’agenda setting. Senza sosta, in modalità 24/7.
Sono convinto, altresì, che nei successivi trent’anni non ricorderemo Tolo Tolo, ma faremo ancora Taaaac! quando apriremo un tavolino.
Perché, ecco la risposta alla domanda d’esordio, ai tempi del ragazzo di campagna avevamo meno, avevamo poco, e quel poco ci doveva bastare. Nessun social, nessuna pay per view, la partita solo la domenica, ed quindi era divertente anche riguardare un film già visto.
Oggi, al contrario, è già tanto se riusciamo a vedere almeno una volta tutti i film che vorremmo, davvero, vedere, come se le giornate non fossero più di 24 ore. E invece siamo noi ad averle riempite troppo: il ragazzo di campagna ci insegnava che ai tempi il divertimento dei campagnoli era guardare il treno.
Raccontatelo ai vostri figli, quando vi dicono che si annoiano…e portateli a vedere un treno :-).